Il Centro impossibile per la rete
di Domenico Giordano
In questo momento sembrano esserci due tipologie di politici impegnati, seppur con diverse motivazioni, nella ricostruzione di un nuovo spazio politico: i centristi fasulli e quelli timidi.
La divisione non è mia, ci mancherebbe, ma di Marco Follini che l’ha utilizzata per spiegare le persistenti difficoltà nel trovare una via maestra percorribile alla “domanda di centro” che attraversa il Paese e la classe politica.
Per l’ex segretario dell’UDC fino a quando l’area centrista sarà contesa tra chi è storicamente di centro “ma non se lo vuole proprio sentir dire” (i timidi) e chi, al contrario, “di centro non è, ma lo rivendica come se niente fosse” (ovvero i fasulli), sarà difficile che quel desiderio latente di un nuovo centro politico vedrà mai la luce. Oggi che la damnatio memoriae democristiana è evaporata del tutto, il Centro al quale in tanti si richiamano come soluzione salvifica, non ultimi Matteo Renzi alla Leopolda e Clemente Mastella il prossimo 4 dicembre a Roma con il varo di “noi Di Centro”, è un’aggregazione potenziale che per i suoi cantori dovrebbe avere in nuce spessore politico, consistenza culturale e rappresentanza territoriale.
Eppure, l’inseguimento a queste peculiarità fondative rappresentail vero tranello che ne impedisce, più di ogni altra cosa, la resurrezione politica.
La Democrazia Cristiana e tutti i grandi partiti novecenteschi, presentavano leadership plurali che si marcavanovicendevolmente, erano caratterizzati da un dibattito e una competizione interna autentici e rifiutavano culturalmente la personalizzazione e la leaderizzazione.
Mentre, nell’ultima decade accanto al partito personale abbiamo visto l’esplosione del partito personalizzato: due modelli – come hanno scritto Giuliano Bobba e Antonella Seddone – caratterizzati dalla centralità dei leader politici e delle personalità, ma differentiper quanto riguarda la loro organizzazione e comunicazione sia interna che esterna.
Se guardiamo per l’appunto alla comunicazione politica dei leader attuali e, nello specifico, ai numeri che questa produce online e sulle piattaforme social, allora è difficile credere che un nuovo Centro possa realmente sbocciare abiurando in partenza la scelta di ritrovarsi attorno a leadership fortemente personalizzate.
Dall’inizio dell’anno a oggi Matteo Salvini e Giorgia Melonihanno raccolto sulle rispettive pagine Facebook 67 milioni e 600 mila interazioni, di cui oltre 40 milioni di like, e 53 milioni e 700 mila con circa 34 milioni di like. Una valanga che cresce ogni giorno di più e che fa impallidire i numeri dei canali ufficiali deidue partiti: infatti, nello stesso periodo le fanpage di Lega e Fratelli d’Italia si sono fermate alla miseria, diciamo così, di 17 milioni e 300 mila interazioni e a 4 milioni e mezzo di interazioni totali. Un divario incolmabile che conferma, qualora ci fossero ancora dubbi, la capacità dei leader attuali di consustanziarsi nei partiti di riferimento. Il quadro nella sostanza non muta anche se traslochiamo dal campo sovranista: le pagine Facebook di Silvio Berlusconi e Matteo Renzi hanno totalizzato, da gennaio a novembre, 1 milione e 700 interazioni di cui 1 milione e 300 like e 4 milioni e 900 interazioni di cui 2 milioni e 100 mila like. Di converso, Italia Viva su Facebook incassa rispetto al proprio leader solo 3 milioni e 100 mila interazioni complessive, mentre Forza Italia scende a 559 mila interazioni.Chiunque, timido o fasullo che sia, è al lavoro per il nuovo Centronon può pensarlo sganciato dal traino di un leader che sia unico e solo, catalizzatore primario e principale dei destini presenti e futuri del partito, un leader disintermediato, reale, ma soprattutto digitale.