Medici di famiglia, Contaldi risponde: “non siamo attrezzati, fate lavorare i giovani parcheggiati”
“Abbiamo ragazzi di 25-30 anni che non vengono utilizzati e qui dobbiamo volgere il nostro sguardo”. Lo ha dichiarato Pasquale Contaldi, referente campano di Aimef – Associazione italiana medici di famiglia – intervenendo nella trasmissione Barba&Capelli condotta da Corrado Gabriele su Radio Crc Targato Italia dal lunedì al venerdì dalle 7 alle 9.
Contaldi spiega il meccanismo che crea difficoltà per la medicina territoriale: “la malattia aumenta e abbiamo contagi ogni giorno. Trent’anni fa un medico visitava e faceva ricetta con il paziente che dopo andava in farmacia. Oggi è più complicato. Non abbiamo più carta e penna ma siamo una centrale elettrotecnica, senza fibra non possiamo connetterci. Il paziente ci chiama, facciamo la scheda e deve essere inviata in un percorso. Tutto ciò è un problema di burocrazia, tutte carte che camminano e devono essere lette. Queste persone devono essere individuate dal dipartimento e poi parte il tampone. I casi sono tanti, il percorso è lungo e ci sono difficoltà. Poi abbiamo ciò che accade in caso di un paziente negativo o positivo. E sappiamo delle difficoltà dei pazienti di sapere se sono positivi. O quella di spiegare la differenza tra quarantena e isolamento”.
Contaldi risponde anche alle polemiche degli ultimi giorni: “Galano sa che noi facciamo la nostra parte come il 118. È il percorso molto complicato, non eravamo attrezzati né potevamo prevederla. Ci siamo trovati di fronte a una difficoltà della medicina territoriale. Non è un problema dei medici di base o del 118. Oggi ho 3 dipendenti. Ho due medici e infermieri e non riesco a rispondere a questa situazione. Sui tamponi è tutto un po’ complicato perché non abbiamo lo spazio adeguato. Nella stanza dove il medico riceve non si può assistere un paziente cronico e poi fare anche i tamponi.
Sui pensionati il responsabile dell’associazione dei medici di famiglia rilancia un accorato appello: “questo è un punto antico del discorso che andrebbe analizzato. A una domanda sanitaria non si può rispondere solo con una normativa ma mettendo in campo delle forze sanitarie. Abbiamo medici laureati sul territorio, abilitati, e li dobbiamo utilizzare. Sui colleghi 70enni: hanno la possibilità di poter lavorare ma a condizioni particolari. Abbiamo ragazzi di 25-30 anni che non vengono utilizzati e qui dobbiamo volgere il nostro sguardo. A 25 anni sono entrato in un pronto soccorso e ho lavorato bene, non capisco perché oggi i giovani debbano essere parcheggiati in piena emergenza. Si gira lo sguardo verso categorie specializzate. Usiamo i nostri giovani scienziati, oggi ne sanno molto di più rispetto a noi alla loro stessa età”.