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REGIONALI, CAMPANIA: DE LUCA A TESTA ALTA, MANFREDI A FARI SPENTI

REGIONALI, CAMPANIA: DE LUCA A TESTA ALTA, MANFREDI A FARI SPENTI

Campania: il dopo De Luca, il nuovo protagonismo di Manfredi tra strategie, liste e sfide incrociate.

di Raffaele Ambrosino per Barba&Capelli

La Campania si avvicina alle elezioni regionali del 2025 in un clima d’incertezza, dove nessuno dei principali schieramenti ha ancora definito con chiarezza un candidato e una linea. In compenso, si muovono gli equilibri, si ridisegnano gli spazi, e si definiscono — almeno parzialmente — i confini di un confronto che, nei prossimi mesi, avrà ripercussioni anche sul piano nazionale.
Il punto di partenza resta l’uscita di scena, forzata ma tutt’altro che defilata, del presidente Vincenzo De Luca. Dopo mesi di polemiche sul terzo mandato, con ipotesi di modifiche normative e strategie parlamentari poi naufragate, la Corte costituzionale e lo stesso Parlamento hanno chiuso definitivamente la porta. Ma il peso politico del governatore non è venuto meno. Anzi, in questa fase di transizione, De Luca è più che mai presente nella costruzione del quadro politico regionale, a cominciare dal suo campo di riferimento.
Il centrosinistra, infatti, fatica a trovare una sintesi. Il nome indicato dal Movimento 5 Stelle, e accettato dal Partito Democratico nazionale e locale, è quello di Roberto Fico. Una figura autorevole, con un profilo istituzionale riconosciuto, ma giudicata inadeguata da De Luca, che ne contesta, anche aspramente, la scarsa esperienza amministrativa.
A sostenere con decisione la candidatura di Fico è il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, considerato lo sponsor politico principale dell’ex presidente della Camera. La sua posizione rafforza la spaccatura interna al centrosinistra: i rapporti tra Manfredi e De Luca sono infatti da tempo tesi, alimentati da divergenze su gestione amministrativa, visione politica e leadership regionale. Anche per questo, la proposta di Fico è percepita dal governatore uscente non solo come un’alternativa al suo modello, ma come un atto di contrapposizione politica diretto.
Nel frattempo, De Luca ha scelto un approccio diverso: non più la rottura aperta, ma una strategia graduale, basata su due direttrici. La prima è la richiesta, rivolta ai vertici del Pd e agli alleati, di ricevere una rosa di nomi per la presidenza della Regione, alternativa a Fico, da valutare per individuare una figura di sintesi. La seconda è quella della continuità amministrativa, con un forte rilancio del proprio programma triennale, già avviato e da completare nella prossima consiliatura.
Tra i punti centrali, il presidente ha posto l’accento sul progetto simbolico del “Faro”, la nuova sede della Regione nell’ambito della riqualificazione dell’area orientale di Napoli, e sull’ambizioso piano per la realizzazione di dieci nuovi ospedali in tutta la Campania, dal Santobono al nuovo Ruggi, fino alle strutture di Sorrento, Giugliano, Castellammare, Sapri e altri territori. Un messaggio politico e amministrativo chiaro: il lavoro fatto non deve essere interrotto.
A rafforzare questa linea, De Luca starebbe preparando anche la presentazione di due liste civiche di sua diretta ispirazione, da affiancare alla coalizione di centrosinistra qualora si trovasse un’intesa, o da rendere autonome in caso contrario. L’obiettivo dichiarato è eleggere consiglieri “guardiani del programma”, capaci di garantire la prosecuzione dei progetti in corso. L’altro, più pragmatico, è assicurare la rielezione dei consiglieri regionali uscenti a lui fedeli, consolidando una presenza stabile in Aula, al di là delle dinamiche interne al Pd.
A proposito di Partito Democratico, proprio in questi giorni si è riaperta la discussione sulla guida della segreteria regionale, che potrebbe essere affidata a Piero De Luca, europarlamentare e figlio del presidente uscente. Una mossa che avrebbe l’obiettivo di mantenere un canale di continuità tra il passato e il futuro, in un contesto ancora scosso dalle tensioni post-terzo mandato. Una delle condizioni poste da De Luca, insieme alla prosecuzione del suo programma.
Dall’altro lato, il centrodestra rimane al momento in una posizione attendista. L’ipotesi di candidare il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è stata scartata, e anche il vice ministro Edmondo Cirielli, pur considerato in quota Fratelli d’Italia, continua a prendere tempo. Sullo sfondo, guadagna attenzione la figura di Giosy Romano, ex sindaco di Brusciano e attuale coordinatore della Zes unica del Mezzogiorno, il cui profilo civico potrebbe risultare competitivo sia per l’elettorato moderato sia per quello deluso dalle divisioni nel centrosinistra.
Il quadro campano resta dunque fluido. Il presidente uscente non potrà più essere in corsa, ma resta il regista di una fase politica incerta. Il centrosinistra ha un candidato, ma non l’unanimità. Il centrodestra non ha ancora mosso la sua pedina. In tutto questo, l’agenda regionale — ospedali, infrastrutture, progetti strategici — si trasforma in terreno di scontro e in leva di legittimazione per chi rivendica il diritto di guidare la prossima fase.
Il tempo per decidere stringe. Ma le incognite restano tutte sul tavolo.