Tung TungTung Sahur, re del “brain rot”, la putrefazione cerebrale da social
Viene definito come il deterioramento dello stato mentale o intellettuale di una persona, soprattutto come conseguenza di un consumo eccessivo di contenuti online banali e poco impegnativo.
Si chiama “brain rot”, che letteralmente significa “marciume cerebrale”,
ed è determinato da vari fattori, tra cui lo “scrolling” tra video a ripetizione, e porterebbe a un peggioramento della facoltà di attenzione, della capacità di comprensione e delle facoltà mnemoniche.
Papa Francesco lo menzionò definendolo la “putrefazione cerebrale” causata dalla dipendenza dalle reti sociali.
Il compianto pontefice, intelligente e lungimirante, ne parlò nel corso di un incontro con i giornalisti e i comunicatori partecipanti al Giubileo del Mondo della Comunicazione avvenuto nel gennaio del 2025.
Si tratta di una vera minaccia per adolescenti e ragazzi, lobotomizzati da video in cui campeggiano personaggi creati con l’intelligenza artificiale ma che di “intelligente” non hanno proprio un bel niente.
Sono lontani anni luce, non solo i personaggi dei cartoni animati, ma anche quelli di videogiochi, finanche quelli più violenti, diseducativi o discutibili.
Siamo arrivati all’azzeramento del significato.
Gli psicologi spiegano che i giovani hanno una sorta di autoconsapevolezza sfrontata circa l’impatto di questi contenuti sulla loro mente.
È una sorta di evasione dalla razionalità per un’esigenza di ritorno a istinti primordiali, vuoti di significato, che “cullano la mente” per farla fuggire da preoccupazioni, pensieri ed emozioni della realtà quotidiana.
Il risultato è che i suoni, i versi e i rumori che questi personaggi producono piacciono ai ragazzi che li guardano e li emulano a ripetizione scuotendo il loro cervello come se fosse in un annichilente frullatore.
L’immersione prolungata in attività ripetitive o prive di significato profondo può portare a un senso generale di insoddisfazione e apatia.
Le persone possono sentirsi mentalmente stanche, prive di motivazione e incapaci di trarre piacere dalle attività che un tempo trovavano appaganti.
Questo senso di apatia può essere associato a un declino dell’autostima e a un maggiore rischio di sviluppare sintomi depressivi, specialmente quando il brain rot è combinato con una mancanza di interazione sociale significativa.
“Tung Tung Tung Sahu” è una delle immagini più diffuse.
È una figura in legno con occhi spalancati e voce cupa, armata di mazza.
È un personaggio statico ma inquietante, è di elaborazione italiana ma ha conquistato la community anche fuori confine.
È solo uno della vasta serie di “meme nonsense” diventati virali grazie a una combinazione esplosiva di immagini assurde, filastrocche sintetiche e estetica glitch.
Non fa ridere, non fa piangere, non fa riflettere, non è volgare e non è divertente, è semplicemente “vuoto”, al punto tale che qualcuno s’è sforzato in ogni modo di trovargli un senso.
Dietro il delirio visivo si nasconderebbe una tradizione culturale reale.
“Tung tung tung” sarebbe l’onomatopea che imita il suono del bedug, un tamburo usato in Indonesia e Malesia per annunciare l’orario delle preghiere durante il Ramadan. Il “Sahur” sarebbe il pasto che si consuma prima dell’alba, prima del digiuno quotidiano.
Stando a tale interpretazione, se qualcuno non rispondesse alla “chiamata” del Sahur per tre volte, questa creatura dovrebbe venire a cercarlo a casa per prenderlo a randellate. In sintesi la degenerazione dell’umana dignità sarebbe, seriamente, a un passo dal compiersi raggiungendo vette di degrado mentale così elevate da far desiderare, almeno a chi ha ancora un briciolo di raziocinio e di pulsioni emotive, la fine del genere umano invocando il ritorno allo stato di natura in una sorta di “Jurassic Park” in cui rimpiangere i beneamati dinosauri.
Articolo a cura di
Francesco Di Somma