Davide Jovanovic, morto da due anni resta senza sepoltura.
Lettera a firma di Chi rom e chi no, Mediterraneo antirazzista, A Buon Diritto, Luigi Manconi, la Cooperativa L’uomo e il legno, come appello al Comune di Napoli.
Nato e cresciuto a Napoli, morto il 29 febbraio, a soli 22 anni, cittadino italiano ormai da due anni, Davide Jovanovic non aveva mai avuto un documento, neppure la cittadinanza italiana gli consentiva di ottenere la residenza, a causa del blocco delle residenze imposto dal cosiddetto Decreto Lupi, poi convertito con la Legge 80/2014 che all’art 5 comma 1 in base al quale:
“Chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge.”
Il comune di Napoli avrebbe potuto tutelare i diritti fondamentali della persona e della dignità umana, facendo leva su quanto previsto dal Comma 1-quater in cui si stabilisce che “Il Sindaco, in presenza di persone minorenni o meritevoli di tutela, può dare disposizioni in deroga a quanto previsto nei commi 1 ed 1bis, a tutela delle condizioni igienico sanitarie” in primis definendo quali sono le categorie meritevoli e poi riconoscendo alle stesse il diritto di residenza e tutti i diritti a questo connessi.
Un precedente in tal senso proviene dal Sindaco di Roma che con La Direttiva n. 1 del 4 novembre 2022 in riferimento al comma 1 quater sopracitato in un’ottica di prevenzione dei rischi igienico sanitari che potrebbero insorgere in assenza della residenza e dell’impossibilità di ottenere l’allacciamento ai servizi essenziali, considera meritevoli di tutela, e quindi del diritto ad ottenere la residenza, i soggetti appartenenti alle seguenti categorie:
a) Persone che fanno parte di nuclei familiari che sono seguiti dai servizi sociali, ovvero in condizione di particolare fragilità e vulnerabilità sociale quali presenza di disabili, figli minori o ultrasessantacinquenni;
b) persone che fanno parte di nuclei con reddito inferiore a quanto stabilito dalla Legge regionale 12/99;
c) i richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale;
d) le persone che fanno parte di nuclei che si trovano in condizione di precarietà abitativa sotto il profilo delle condizioni igienico sanitarie, come nel caso dell’assenza di allacciamento ai pubblici servizi essenziali necessari per assicurare il rispetto della dignità della persona nei suoi bisogni quotidiani.
Perché il Comune di Napoli non abbia voluto aprire alla deroga prevista dal decreto Lupi, così come alcune Municipalità non riconoscano la residenza di prossimità, restano domande senza alcuna riposta, domande che coprono gap di diritto che impediscono l’esercizio di diritti fondamentali.
Avere la residenza significa avere il diritto ad esistere, ad avere un documento, all’assistenza sociale e sanitaria, l’accesso ai pochi diritti di welfare, per centinaia di persone rom, cittadini italiani, migranti, che vivono da sempre nella città di Napoli, e come nel caso di Davide che non ha mai trovato pace nè in vita, né in morte, nei cosiddetti campi non autorizzati di Cupa Perillo a Scampia e non solo. Forse perché agli occhi di una certa politica o dello Stato vivere in un posto occupato, in un campo rom in fondo è come essere già morti.
L’area di Cupa Perillo a Scampia, è completamente abbandonata dalla pubblica amministrazione che riteniamo direttamente responsabile di far crescere intere generazioni nell’incuria e nel disagio abitativo ed esistenziale, condannandole alla sopravvivenza e non a una vita pienamente dignitosa, con conseguenze tragiche e disastrose, tra cui anche la scomparsa di Davide, morto folgorato dalla corrente elettrica, per essere sempre stato esposto fin da bambino a pericoli che nessuna e nessuno potrebbe nemmeno immaginare per i propri figli.
Il diritto negato alla residenza, unito alla disumana condizione in cui versa l’area, stanno decretando lo svuotamento progressivo dell’area e la fine della storia delle comunità rom di Cupa Perillo, in tutti i sensi. Uno sgombero indotto in piena regola, condotto senza pietà dalla freddezza di atti burocratici e di totale assenza istituzionale.
Oggi, con la bara bianca di Davide sospesa fuori il cimitero di Poggioreale che non si sa dove verrà seppellita, apprendiamo che il diritto alla sepoltura spetterebbe solo a chi è in possesso della residenza. In attesa di riscontri da parte dell’amministrazione, sembra che continui ostinatamente nella morte come nella vita una sorta di ripudio, come se non si fosse figlie e figli della stessa terra, dello stesso mondo.
Chiediamo con urgenza alle amministrazioni pubbliche di colmare questa carenza di diritti, anche se per Davide è troppo tardi, ce lo porteremo sulla coscienza.