Detenuto di Secondigliano muore al Cardarelli: “Perso tempo prezioso, si poteva salvare”
di Corrado Gabriele
“Io penso che si è perso tempo, poteva essere salvato, ma si è perso tempo” così voci dal carcere di Secondigliano raccontano di Antonio, il nome è di fantasia ma la storia purtroppo non lo è.
La storia è quella di un detenuto del penitenziario di Secondigliano, reparto Adriatico, 53 anni morto dopo il ricovero d’urgenza all’Ospedale Cardarelli, quando ormai non c’era più nulla da fare.
“Lunedì prossimo (25 agosto ndr) incontrerò i familiari” ci dichiara Samuele Ciambriello Garante dei detenuti della Campania e Portavoce nazionale dei Garanti.
Proprio ieri Ciambriello sulle reti nazionali aveva denunciato per l’ennesima volta la situazione al collasso; partendo dalla evasione di Poggioreale di alcuni giorni fa aveva di nuovo denunciato “l’immobilismo della politica sulla situazione delle carceri sovraffollate, con organici ridotti all’osso e in situazioni da ultimi in classifica in Europa”.
Ma torniamo ad Antonio, ci raccontano che aveva iniziato a stare male da giorni, dicono dall’8 di agosto, ma in carcere, si sa, ci sono pochissimi medici e a Secondigliano durante i mesi estivi forse appena uno, e nonostante Antonio fosse stato mandato ben 5 o 6 volte a visita medica al pronto soccorso del carcere, era stato sempre rimandato, perché dalle visite (sommarie) non risultava nulla.
Antonio però continuava a star male e a invocare aiuto e “con una ecografia o una tac si sarebbe visto che c’erano lesioni o in corso un infarto intestinale” dichiarano voci dal penitenziario.
Sembra che anche gli infermieri si erano allarmati ma per lui il viaggio della speranza, per una Tac o una eco, continuava ad essere rimandato, fino a quando è arrivato al Cardarelli dove inesorabilmente è morto – probabilmente – per infarto intestinale.
Samuele Ciambriello è cauto ma determinato, ci dice che non è in possesso di elementi nuovi, ma ci riferisce di credere siano in corso indagini e verifiche “so che oggi è stata fatta l’autopsia – ci dice al telefono – per accertare le cause della morte, se avvenuta per un’ernia non curata, un infarto o altro”.
Certo è che normalmente gli agenti di custodia sono pochissimi, e che normalmente è complicato disporre l’accompagnamento per i detenuti, a meno che, non vi sia l’urgenza, ma nel caso di Antonio e di questo mese torrido di Agosto, l’urgenza è arrivata quando però era ormai troppo tardi.
Qualcuno si azzarda a riferire di “pressioni sui medici” per rimandare il ricovero a causa di carenza di personale. È opinione dei familiari dei detenuti che “la sanità penitenziaria è uno schifo” e aggiungiamo che la riforma a distanza di anni non ha prodotto effetti positivi .
Di certo per Antonio è stata probabilmente “sottovalutata” la situazione medica, perché ci sono esami e interventi che, fatti in urgenza, salvano la vita, ma per il 53enne del reparto Adriatico “si è perso tempo”!