“L’abbaglio”, la spedizione dei Mille di Roberto Andò, con Servillo, Ficarra e Picone
Si tratta di un’opera che unisce dramma e commedia per raccontare un episodio poco noto ma cruciale del Risorgimento italiano: la manovra diversiva di Giuseppe Garibaldi, orchestrata dal colonnello Vincenzo Giordano Orsini, che permise alle Camicie Rosse di conquistare Palermo. “L’abbaglio”, al cinema da gennaio ed ora su Netflix, è un film che racconta la storia di un pezzo della spedizione dei Mille, quello che si svolge in Sicilia. Si vedono le battaglie per liberare l’isola, l’adesione dei paesini e le difficoltà incontrate sia per l’ingerenza di quella che sarebbe poi diventata la mafia, sia per la resistenza dell’esercito borbonico. Domenico e Rosario, interpretati da Ficarra e Picone, sono due cialtroni arruolati tra i garibaldini per ragioni diverse. Poco interessati alla causa, scappano subito, al primo sbarco. Fuggiti, cercano riparo sull’isola da cui erano andati via per lavoro, ma finiscono di nuovo nell’esercito di Garibaldi proprio nel momento cruciale. La loro vicenda è comica, o comunque, leggera, anche se mai veramente esilarante. Il colonnello Orsini di Toni Servillo è, invece, un personaggio vero e serio. I due piani procedono separati per poi incontrarsi in un finale significativo e un po’ a sorpresa. In questo prodotto della Tramp Limited, la società di Ficarra e Picone, realizzato con Roberto Andò a dirigere un film, il regista non sembra volersi schierare politicamente; l’unico elemento apertamente condannato è la mafia, male dell’Italia che nasceva e dell’Italia che è tutt’oggi. La frase finale, che Servillo pronuncia dopo aver incontrato nuovamente i due furfanti, contraddistintisi per un’opera di valore, ma divenuti poi bari di una bisca, racchiude una morale che si presta a mille interpretazioni: “Povera Italia, che abbaglio”!!! Allo spettatore sta decidere quale sia stato il vero “abbaglio” che resta comunque l’elemento su cui fu messa insieme l’Italia che viviamo e conosciamo noi ora.
Articolo a cura di
Francesco Di Somma