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Il Gattopardo, da romanzo a film, diventa serie tv

Il Gattopardo, da romanzo a film, diventa serie tv

«Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi». È la celebre frase che nel romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa viene significativamente pronunciata dal personaggio di Tancredi Falconeri, nipote di don Fabrizio Corbera, Principe di Salina, che ha un ruolo centrale nell’opera che narra le trasformazioni avvenute nella vita e nella società in Sicilia durante il Risorgimento, dal momento del trapasso dal Regno Borbonico alla transizione unitaria del Regno d’Italia, seguita alla spedizione dei Mille di  Garibaldi. Il libro fu pubblicato soltanto postumo da Feltrinelli nel 1958, un anno dopo la morte dell’autore, vincendo il Premio Strega nel 1959 diventando di gran successo nel secondo dopoguerra; è considerato uno tra i più grandi romanzi di tutta la letteratura italiana e mondiale ed oggetto di studio di alunne ed alunni delle secondarie di secondo grado perché spesso figura nei programmi scolastici anche se non di agile lettura e non adeguatamente analizzato per questioni di tempistica. Il mondo del grande schermo gli ha dato gloria nella sua epica trasposizione cinematografica, col grande classico di Luchino Visconti che si aggiudicò la Palma d’oro come miglior film al 16º Festival di Cannes. Da allora tanto tempo è passato, era il 1962 e in Italia la pellicola sbancò i botteghini. Tuttavia il mancato successo negli Stati Uniti non permise di rientrare nelle ingenti spese di produzione, decretando il fallimento finanziario della Titanus. D’altra parte le più splendenti stelle dell’epoca, Burt LancasterAlain Delon e Claudia Cardinale interpretarono i ruolo principali entrando nell’immaginario collettivo come figure automaticamente abinabili ai loro personaggi. Oggi il “Gattopardo”, opera che prende nome dall’animale simbolo del nobile casato dei rincipi di Salina, e che fu romanzo e poi divenne film, si trasforma in serie televisiva con nuovi volti a personaggi eterni. Diretta da Tom Shankland con la collaborazione di Laura Luchetti e Giuseppe Capotondi. la miniserie è disponibile su Netflix dove sta già spopolando dando, però, adito anche a polemiche. Nel cast ci sono Kim Rossi Stuart, Deva Cassel, Benedetta Porcaroli, Saul Nanni, Paolo Calabresi e molti altri, ma nonostante il livello della messa in scena e del gruppo di attori c’è chi, a prescindere, preferirà sempre l’adattamento del ’63 che, guarda caso, è ora è disponibile su RaiPlay in una sorta di “guerra aperta”. Ad essere obiettivi, più che alimentare lo scontro tra generazioni e piattaforme, ciò che risulta socialmente rilevante è come un classico della letteratura e della grande cinematografia italiana, sia stato reimpostato secondo ritmi, colori e tempi del gusto contemporaneo e come venga veicolato anche al nuovo pubblico del terzo millennio, abituato alla serialità e all’on demand. Non si può non lodare l’iniziativa che fa conoscere alle nuovissime generazioni la storia di come la Sicilia ottocentesca recepì l’arrivo garibaldino e il passaggio dal mondo borbonico a quello preunitario. I prodotti che diffondono cultura non andrebbero mai osteggiati o denigrati anche perché l’interpretazione dell’attore, che fu il mitico Romualdo in Fantaghirò e che divenne popolare negli anni ’90 col Ragazzo dal kimono d’oro prima di passare al cinema d’autore, è di altissimo livello. Ne viene fuori una stupenda serie da vedere per il piacere di riscoprire una grande storia con mezzi e modi tipici dei nostri giorni in cui, nel dilagare di reality show e prodotti spazzatura, essa risulta una boccata d’aria fresca dal tanfo della quotidiana volgarità.

Articolo a cura di

Francesco Di Somma