Russia, l’opposizione è frammentata e distante
È passato esattamente un anno dalla morte del dissidente politico Alexei Navalny. Avvenne il 16 febbraio del 2024 in un carcere in Siberia in circostanze mai chiarite. Da quel giorno l’opposizione russa, già duramente perseguitata dal regime di Vladimir Putin, è stata letteralmente messa a tacere. Le varie componenti che non concordano con la linea governativa si sono scontrate più volte scambiandosi accuse reciproche e causando una generale perdita di seguito. La Fondazione anticorruzione di Alexei Navalny, dove oggi lavora la moglie Yulia Navalnaya, agisce dall’estero da dove non riesce a far presa sulle persone per questioni logistiche e per la mancanza oggettiva del carisma del suo fondatore. Yulia Navalnaya è stata, addirittura, inserita dal governo russo nella lista di “terroristi ed estremisti”. La donna risiede in Germania. Proprio a Berlino si è tenuta una manifestazione che però ha avuto una risonanza limitata. L’essersi tenuta lontana dalla Russia, dove ogni genere di manifestazione o protesta è vietato, ha rappresentato un grosso ostacolo. Nel corso di quest’ultimo anno molti tentativi di compattare l’opposizione sono miseramente falliti. Addirittura l’imprenditore Boris Zimin, filantropo cinquantaseienne e personaggio pubblico russo nonché maggior finanziatore della Fondazione Navalny ha deciso di interrompere le donazioni dichiarando al giornale indipendente russo “Meduza” operante in Lettonia: «Trovo molto frustrante che venga spesa tanta energia per battaglie di posizionamento in uno spazio che è ormai quasi irrilevante. Per quanto io voglia credere nell’opposizione russa, il suo impatto su quanto sta succedendo, dalla guerra alla tenuta del regime, è vicino allo zero». Sono dichiarazioni sconfortanti che non sembrano preannunciare nulla di buono all’orizzonte. Intanto la versione digitale inglese di Meduza proprio oggi ha in apertura una frase estremamente significativa: “History is not written only by the victors”. “La storia non è scritta soltanto dai vincitori”. È un messaggio forte, un grido disperato affinché le verità vengano fuori e soprattutto diffuse anche a chi le ignora o vuole ignorarle per comodità.
Articolo a cura di
Francesco Di Somma