Inno di Mameli, Francamente inopportuna quanto chi l’attacca
Tiene banco una di quelle polemiche banali e sterili che appassionano la gente e che scatenano l’ispirazione, la rabbia e la frustrazione dei leoni da tastiera di ogni età, sesso e genere. In un video pubblicato sui suoi canali social la cantante Francamente, non esattamente una celebrità della musica italiana ma nota per essere stata tra i partecipanti all’ultima edizione del talent show di Sky «X Factor», ha affermato di aver pensato di modificare il testo dell’Inno di Mameli alla finale di Coppa Italia di pallavolo femminile perché da lei ritenuto «non inclusivo». Secondo l’artista, l’incipit ‘fratelli d’Italia‘ sarebbe in contrasto con le diverse identità di genere. Piogge di critiche ed insulti le sono piovute addosso, d’altra parte cambiare il testo dell‘Inno Nazionale configura il reato di vilipendio alla bandiera. Dunque il Canto degli italiani è stato eseguito così com’è. L’idea che la provocazione della coraggiosa cantante sia stata un po’esagerata, fuori luogo e anche volta probabilmente a strappare consensi e visibilità metterebbe un po’ tutti d’accordo. È facile intuire che non sono e, mai saranno i capovolgimenti del genere grammaticale delle parole della lingua italiana a rendere giustizia a chi viene deriso o discriminato per la propria sessualità, definita, ambigua, cangiante, mutevole o indefinita che possa essere. Tuttavia questo improvviso moto patriottico generale da parte di molti sorprende non poco, e forse ha l’amaro retrogusto del patetico, se sbocciato in una popolazione che, generalmente, l’amor per la patria lo rammenta prevalentemente in prossimità dei Mondiali di calcio e sembra quotidianamente non esibirlo particolarmente. È perennemente attuale la rivalità tra Nord e Sud, tra questo e quel comune fino a giungere anche a “scontri” tra questo e quel quartiere. Improvvisamente, però, tutti si sentono “fratelli d’Italia” e quella parola non vogliono che qualcuno la cambi. In realtà l’inno in questione è molto inclusivo ma è, logicamente, figlio del suo tempo. L’autore, Goffredo Mameli, un giovanotto che morì alla tenera età di ventun’anni appena, a Roma, nel remoto 1849 scrisse su un foglio di carta “Fratelli d’Italia” in pieno Risorgimento ossia quando la nazione Italia manco esisteva. Goffredo, egli si certamente mosso da un lodevole amor di patria, partorì un canto per tutti gli italiani che più inclusivo non sarebbe mai potuto essere. Andrebbe spiegato, dunque, a Francamente che le umili intenzioni del giovane Goffredo, che lei ha messo in discussione, erano più che buone, anzi addirittura avanguardistiche. Potremmo, al massimo, riflettere su quanto possa essere anacronistico il contenuto del testo nel 2025 ma, forse, sarebbe il caso di lasciare ai dotti cotanta riflessione così profondamente filosofica visto che, in linea di massima, l’italiano medio non sa neanche come continua il canto dopo la parte intonata prima delle partite degli azzurri. Inoltre c’è ancora, in molti stadi, qualche stolto che lo fischia, soprattutto al punto in cui si nomina “Roma”. Qui si aprono le falle della preparazione scolastica di certa gente che ignora l’analisi logica visto che, ad un ascolto un attimino più attento, risulterebbe elementare comprendere che ad essere “schiava di Roma” non è l’Italia bensì la Vittoria! Il riferimento è ovviamente alle origini latine del Paese ma l’inno ripercorre tutte le tappe della storia che porterá all’Unitá d’Italia e della sua micro geostoria con la battaglia di Legnano, l’Aquila d’Austria che “perse le penne” dopo aver bevuto sangue italiano e polacco insieme ai cosacchi ed altro ancora. Verrebbe da domandarsi di tutto ciò quanto ne sappiano l’artista Francamente, che si sofferma su un singolo termine, ma anche quanta consapevolezza contenutistica vi sia da parte dei suoi detrattori che hanno sbattuto così veementemente i pugni sul tavolo quando qualcuno ha voluto toccare i loro fratelli d’Italia. Bisogna fare attenzione a non esagerare nell’inversione dei canoni per non rischiare di prestare il fianco agli estremisti liberticidi che sono pronti ad assestare colpi di clava nella dignità delle persone pur di salvaguardare i loro saldi punti di riferimento “neanderthaliani”, senza i quali si sentono smarriti nella variegata bellezza della natura umana.
Articolo a cura
di Francesco Di Somma