Perché piace tanto Rita De Crescenzo?
di Maria Luisa Iavarone
Il fenomeno Rita De Crescenzo va studiato, indagato, esplorato e non a mio avviso sbrigativamente liquidato e snobisticamentegiudicato come “trash”. Non sarà ignorando un pezzo di mondo che poi quel pezzo lì scompare dal mondo. Da sempre nella storia umana il grottesco, l’orrorifico come d’altra parte il bello e il sublime producono diversamente attrazione e fascinazione, insomma, un mix di sentimenti che seducono l’umano.
Da alcuni secoli nani, donne con la barba, giganti e, soprattutto, uomini con evidenti deformità fisiche diventano fenomeno di attrazione, tanto per le classi popolari quanto per quelle più colte e abbienti. In epoca vittoriana, il fenomeno dei freak show diviene sempre più popolare e dunque esibire a fini spettacolari persone con alcune deformità o anomalie corporee rappresentava un’usanza piuttosto frequente; questi originali individui venivano stigmatizzati con l’espressione appunto “freaks of the nature”(scherzi della natura) riferendosi a persone con caratteristiche appunto difformi, aberranti e anomale seppur contraddistinte da un certo fascino. Individui, come avrebbe detto Foucault, che pur suscitando un terrore sopra–naturale allo stesso tempo producono una naturale–simpatia e, per certi versi, una umana compassione. Questo è il motivo per il quale io stessa, talvolta, mi intrattengo a guardare trasmissioni dove orrende cisti vengono spremute, enormi lipomi sono asportati, grandi obesi subiscono importanti trasformazioni. Insomma, nell’osservazione di questi fenomeni, in qualche modo, ci scopriamo umani perché “il deforme” è dentro di noi, lo riconosciamo come una parte plausibile del nostro essere nel mondo.
Fatta questa sommaria analisi mi chiederete cosa c’entra Rita De Crescenzo con tutto questo? Credo centri molto: il grottesco, il pacchiano, le irregolarità, le imperfezioni, le scivolate linguistiche e le sgrammaticature lessicali di Rita fanno “umano troppo umano” e fanno sentire assolte le persone nelle loro imperfezioni, anzi, ci confortano, perché ciascuno può riconoscersi migliore di lei. Osservare il difetto, l’imperfezione, l’errore nell’altro fa sorridere e sopravvivere. Se vediamo qualcuno cascare ci scappa involontariamente la risata, come quando a casa guardiamo “paperissima”.
Insomma, Rita De Crescenzo non è un fenomeno banale; è una specie di controprova del nove che essere naif, ingenui, kitsch, illetterati e senza scuola non è necessariamente uno svantaggio, dal suo punto di vista, tutt’altro. La realtà, come al solito, è che nulla è come appare.
La cultura del trash non va gettata in maniera indifferenziataperché funziona esattamente come per la spazzatura: se butto in maniera indifferenziata un rifiuto nel cassonetto apparentemente me ne sbarazzo di fatto mi ritorna indietro in mille altre forme. Il trash va “smaltito” in maniera differenziata e dunque va analizzato, smistato, altrimenti non capiremo mai di cosa è fatto. Le culture pop-minori vanno osservate non con l’occhio del giudizio ma con lo sguardo educativo-diagnostico teso a conoscere quei virus che si annidano nelle forme della società, di cui anche Rita De Crescenzo è una espressione.
Dovremmo chiederci, dunque, perché migliaia di persona vanno a Roccaraso per seguire questo singolare fenomeno di “trash-influencing” provando ad entrare un po’ di più nei significati diquesti strani e nuovi “oggetti culturali” o, se volete, sub-culturali.