Scampia è un quartiere luminoso.
di Antonio Menna
Scampia è un quartiere molto luminoso, io sono cresciuto a un paio di chilometri da lì, l’ho attraversata milioni di volte, in tutti i modi, in scooter, a piedi, con una macchina scassata e una buona, all’alba e di notte, pure certi pomeriggi della domenica quando ci stavo solo io e i cani randagi; quando ho voglia di prendere aria, vado a Scampia, c’è tanto spazio, e c’è verde – la parola stessa in dialetto richiama la scampìa di terra, uno scampolo di campagna -, e le strade sono larghe, comode, mi piacciono anche i piani alti dei palazzi, da cui si vedono certi tramonti che solo la periferia mostra così arroganti (provate a guardarne uno dall’Asse mediano, col sole che si abbandona verso il lontanissimo Tirreno). Certo, Gomorra. Scampia è stata per anni una piazza di spaccio molto importante. Ora meno. C’è la criminalità organizzata, c’è il disagio, c’è appunto lo spaccio. C’è stata una faida di camorra. C’è quella violenza silenziosa che si avverte in certe strade di Napoli, sui volti rudi dei ragazzini sugli scooter, sugli occhi delle donne che sono a mandorla perché allungati all’indietro, per guardarsi da sole le spalle. Ma ci sono anche aria, luce, verde, spazio, anziani che portano a spasso il cane, giovani studenti che aprono i libri sui tavolini dei bar, musicisti, scrittori, insegnanti, disoccupati con la laurea, sottoccupati senza titolo, figli numerosi, padri vedovi, impiegati delle poste, trentenni che fumano nervosi per strada pensando che il futuro è arrivato mentre ancora facevano programmi. Mi sorprende vedere la sorpresa per tutto questo mescolamento, a Scampia. Come se si dovesse dire ogni volta che c’è la camorra, e quindi non ci sono le persone “normali”, o ci sono le persone “normali”, allora è falso che c’è la camorra. Mi dispiace deludervi: ma ci sono entrambe le cose. C’è l’orrore e c’è la bellezza, c’è la morte e c’è la vita, c’è la guerra e c’è la pace, c’è lo spaccio della camorra e c’è chi da loro compra il fumo sentendosi contro la camorra, c’è l’abuso e c’è la legge, c’è il degrado e la cura. E tutto questo non a Napoli, non a Scampia, ma nello stesso palazzo, o sullo stesso pianerottolo. Si convive così aggregati e pacificati da farmi sembrare, in alcuni momenti – come nella buffa polemica su Miss Italia di Scampia -, proprio questo il problema: smettere di vedere quello che c’è e immaginare invece solo quello che ci va.