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Insegnare al Parco Verde: 1-0 per noi!

Insegnare al Parco Verde: 1-0 per noi!

di Angelo Palumbo, docente

C’è bisogno di riconoscersi.

In ogni relazione è così, altrimenti non funziona.

Se nel mestiere di insegnare, la relazione con i discenti è fondamentale, in certe scuole lo è di più.

E’ l’arma con cui perforare la scorza fatta di dolore e ignoranza, di rabbia e diffidenza, di incoscienza e strafottenza con cui i ragazzi ti si parano davanti. 
Una volta forata quella scorza, allora si inizia ad intravedere l’anima di questi bambini/adulti, cresciuti troppo presto, che troppo in fretta hanno a che fare col mondo dei grandi. Ed è la loro anima che devi carezzare con le parole, coltivare con i gesti, curare con gli sguardi. La didattica è solo uno dei tanti strumenti, è un pretesto per raggiungerli, non un fine, ma un mezzo per stabilire la relazione, per conoscersi…poi se ci si riconosce, scatta l’alchimia, altrimenti, didattica o no, non c’è modo di ricavare nulla.
E non basta nemmeno questo, una volta stabilita la relazione, una volta riconosciutisi, non bisogna mai mettersi su un piano diverso, non bisogna mai porsi loro con fare da missionario, con volontà salvifica di stampo borghese, altrimenti quel filo sottile che ti lega a loro si interrompe. 

Ciò che bisogna posare fuori al cancello d’ingresso, anzi prima di imboccare l’uscita della statale è il giudizio morale, il sentirsi troppo diverso o superiore, solo perché si ritiene di percorrere noi la strada giusta, loro, o peggio, i loro genitori, quella sbagliata. 
L’unica cosa che si può trasferire loro, e che i ragazzi ti ridanno indietro con gli interessi, è l’amore, la passione. La cosa più importante da insegnare loro è che per ogni cosa ed in ogni momento c’è sempre una scelta, mostrando loro che le strade da percorrere sono sempre svariate, mai nessuna di esse è obbligata o naturale.

Uno dei miei primi momenti nella mia scuola di frontiera (poi cos’è una frontiera, se non un passaggio, un tratto che unisce), appena rientrato dal profondo nord, dal Veneto:

– Qual è il lago più grande d’Italia?

– Professò, comme se chiamma…quello…’o lago ‘e patria!

– Vince’, ma come ‘o lago ‘e Patria? Ma secondo te è mai possibile?

– Sì professò, te ‘o giuro, l’aggio visto, è gruosso assaje

– Non hai mai sentito parlare del lago di Garda?

– No, addò sta? E’ vicino a Caivano?

– Madonna Vincenzo! ‘O lago ‘e Garda a Caivano?

Ragazzi – rivolgendomi agli altri alunni – e voi, sapete dove si trova il lago di Garda?

Silenzio per qualche secondo, interminabile.

– Allora? Almeno a Nord o a Sud?

Niente.

Lì ho imparato ciò che conta realmente: il senso pratico, l’empatia, la relazione. Un sorriso, uno sfottò e uno sguardorapido all’insegnate di sostegno (più a me che ai ragazzi), che, capendo a volo, andò a recuperare una cartina dell’Italia, l’unica dell’Istituto. Poi, come un laico Cristo in croce, mantenne la carta geografica che mostrava lo stivale. Ed io:

– Ecco, qui c’è il lago di Garda. E’ a nord o a sud di dove stiamo noi?

– Professò, nuje addò stamm? 

– Napoli è qui 

– No, no Napoli, Caivano addò sta? 

– Caivano è provincia di Napoli, sta vicino a Napoli.

– Sì è overo, per andarci se piglia o ‘o pullmann, o ‘o treno, ma so poche fermate. E’ vicino.

– Ecco, allora, noi stiamo a sud, il lago di Garda è qui, vedete? 

– Ah, allora sta sopra, sta a nord, giusto?

Sì Vincenzo il lago di Garda è al nord, come è al nord Udine, la città che ti ha ospitato quando la squadra di calcio di quella città ti ha convocato per un provino.  
Provino finito male, ovviamente. Se non sei ancora Ibra, però il ghetto ce l’hai ancora dentro e fuori, e se l’avversario che ti marca, ti provoca per tutta la partita chiamandoti terrone, caro Vincenzo non puoi reagire con un pugno, non puoi reagire come lo zingaro svedese, perché, te lo avevo avvisato: non sei ancora Ibra. 

Ti hanno cacciato dal campo e dal provino.

A scuola, però, hai imparato a dare il meglio, hai imparato a fidarti e confidarti dei e con i tuoi docenti, ti sei licenziato senza problemi, hai continuato a giocare al calcio, ed il pomeriggio hai iniziato pure a fare il barista. La tua scorza l’abbiamo forata, niente più barriere, la rabbia l’hai incanalata bene. Qualche volta ti scappa, ma va bene così. Hai imparato a scegliere. Ed hai anche continuato a studiare: alberghiero.

– Prufessò, sono stato promosso, sono passato al secondo anno, ho avuto 7 in italiano

– Bravo Vince’. Stamm 1 a 0 per noi.